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Dettaglio percorso La Tuscia: Paradiso dell''Enogastronomia
La Tuscia: Paradiso dell'Enogastronomia




La Tuscia rappresenta un territorio dalla spiccata vocazione agricola, caratteristica che il visitatore può cogliere già dai sereni paesaggi rurali che accompagnano costantemente chi decide di regalarsi un soggiorno nell’antica patria degli etruschi.


La Tuscia, infatti, vanta una vastissima produzione enogastronomica, che ne fa un vero e proprio paradiso pergli amanti della buona tavola. Tale straordinaria quantità e varietà di prodotti tipici è il riflesso non solo di un’antica tradizione agro-pastorale, tuttora viva nei piccoli borghi medievali, ma anche delle stesse caratteristiche chimiche e geologiche della zona, e cioè il suolo vulcanico e l’estrema ricchezza delle acque, che hanno reso queste terre fertilissime.



NocciolaAttualmente, la regina della produzione agricola della Tuscia è senza dubbio è la nocciola, diffusissima sui Monti Cimini, tanto da caratterizzare fortemente uno scenario naturale reso già verdissimo dagli splendidi boschi querce, faggi e castagni. I noccioleti, infatti, che allo stato attuale coprono una superficie di oltre 20000 ettari, vanno spesso a formare quasi delle vere e proprie foreste, in un rigoglio che impreziosisce i suggestivi borghi della zona, tutti custodi di testimonianze artistiche medievali e rinascimentali,
quali ad esempio Capranica, Ronciglione, Bagnaia, San Martino al Cimino, Soriano nel Cimino e Caprarola: in particolare quest’ultima, rinomata per la magnifica Villa Farnese, è addirittura divenuta tra i maggiori produttori di nocciole in Italia. Le nocciole dei Monti Cimini sono utilizzate per lo più nell’industria dolciaria tipica: spiccano i “tozzetti di Viterbo” gustosi biscotti secchi, figli della tradizione locale, che ancora oggi allietano le merende e le colazioni dei bambini.



AntefissaAltro “gioiello” della Tuscia è sicuramente l’olio, prodotto in varie zone e soprattutto intorno al Lago di Bolsena, con i suoi uliveti secolari, e nella Maremma viterbese: in confronto alle tinte più uniformi delle colline cimine, qui il paesaggio è completamente cambiato, e presenta vasti pascoli, alternati a macchie, colli boscosi e coltivazioni di cereali, dove gli uliveti vanno ad ornare un paesaggio già pieno di colori. Bellezza e tradizione dunque: la produzione olearia ha qui origini antichissime, risalenti al periodo degli
etruschi e costituisce perciò uno dei simboli dell’agricoltura del Viterbese. L’olio più pregiato è quello di Canino, uno dei migliori del Lazio, che per la sua eccellenza ha ricevuto, tra i primi nel nostro Paese, il riconoscimento del marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta). Coltivato in bassa collina e dal colore verde smeraldo, quest’olio presenta un’acidità tra le più basse d’Italia (0,15): ha un gusto forte e tendente all’amarognolo, leggermente piccante. Di recente il territorio è stato premiato con un ulteriore riconoscimento, il DOP TUSCIA, con un sapore di fruttato medio, equilibrato retrogusto di amaro e piccante e un'acidità inferiore a 0,5 grammi per 100 grammi di olio.



VinoRiveste poi importanza notevole anche la viticoltura, presente un po’ ovunque, ma diffusa soprattutto in tre aree: una prima attorno al Lago di Bolsena, una seconda nelle campagne della fascia tirrenica e una terza nella Tuscia tiberina, in un paesaggio, che già richiama quello dell’Orvietano, reso unico dalla presenza dei “calanchi”, spettacolari erosioni d’argilla digradanti verso il Tevere. Dopo un periodo di crisi, i vini della Tuscia sono divenuti negli ultimi anni molto apprezzati e per questo sono stati quasi tutti insigniti dei
riconoscimenti DOC o IGT. Segnaliamo, in questo ricco contesto, l’«Aleatico» DOC di Gradoli, il famoso «Est! Est! Est!» DOC di Montefiascone (cui è legata una simpatica leggenda medievale), l’Orvieto DOC (vino ”interregionale” prodotto tra Castiglione in Teverina, Civitella d’Agliano, Bagnoregio, Graffignano e Lubriano), il Vignanello DOC e il Tarquinia DOC.



PecorinoI prodotti della Tuscia, dicevamo, sono espressione diretta delle caratteristiche del territorio e si riflettono con evidenza nel paesaggio: e allora come non parlare dei prodotti legati alla pastorizia che qui riveste un’importanza pari a quella agricola? Grandi allevamenti di bovini, ovini ed equini trovano spazio in più zone, grazie alla diffusa presenza di immensi pascoli, soprattutto nella Maremma, divenuti peraltro col tempo scenario prediletto degli appassionati di equitazione. Carni e formaggi non mancano mai sulla tavola,
e spesso si tratta di specialità “storiche”, prodotte da sempre in queste terre: a tal proposito, meritano un cenno almeno il pecorino in grotta del Viterbese (lasciato stagionare in grotte vulcaniche naturali), il pecorino romano DOP (uno dei formaggi più celebri della Penisola), la carne di bovino maremmano (razza caratteristica dalle lunghe corna) e il coniglio verde leprino.



PesceCi sono infine tantissimi altri prodotti forse meno noti a livello nazionale, ma di grandissima qualità e legati strettamente alle tradizioni locali: la lenticchia d’Onano, l’anguilla e il coregone del Lago di Bolsena, l’aglio rosso di Proceno, il miele del Monte Rufeno, il pane nero di Monteromano, la sambuca viterbese, le castagne e i marroni dei Monti Cimini, la patata dell’Alto Lazio, le carote in bagno di Viterbo, il fagiolo di Sutri e il “fagiolo del
Purgatorio
di Gradoli sono solo alcune di quelle “chicche” che il buongustaio esperto e curioso potrà scoprire nei ristoranti tipici del Viterbese. Questo immenso patrimonio agricolo e di tradizioni popolari, cui si aggiungono le straordinarie bellezze artistiche, archeologiche e naturali, rende oggi la Tuscia un’area dal forte richiamo turistico, in grado di affascinare anche il visitatore più esigente. Del resto, grazie all’importanza rivestita dall’agricoltura, qui si è potuto conservare un sano equilibrio tra l’ambiente e l’opera dell’uomo, prerogativa preziosa che si traduce nella genuinità e nella specificità dei prodotti della tavola.






Una terra certamente da vedere, insomma, ma anche da “gustare”, con calma e tranquillità, secondo i lenti ritmi che ancora contraddistinguono la vita di queste genti.



Testi a cura di Daniela Cortiglia e Luca Bellincioni

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